Massimo Ciccognani
C’è un uomo solo al comando, la sua maglia non ha colori perché è universale, il suo nome è Gianni Infantino. Occorre scomodare la storica frase di Mario Ferretti riferita a Fausto Coppi, per inquadrare il numero uno della Fifa. Dove è approdato nel 2016 raccogliendo una Fifa uscita malconcia sotto tutti i punti di vista dalla gestione Blatter. Gianni Infantino è arrivato in Fifa come un tornado, un marziano visto a volte come visionario, perché voleva cambiare totalmente il mondo del calcio e chiudere definitivamente i ponti con il passato. Senza sprechi, all’insegna della trasparenza, aprendo il calcio a tutto il pianeta perché come recita un vecchio e mai dimenticato spot, il calcio è di chi lo ama. E così in poco tempo, il “visionario” Infantino, la rivoluzione l’ha fatta sul serio, circondandosi di persone di calcio e piano piano mettendo in atto il suo disegno.
La scoperta di Infantino, è stato un piacere enorme, perché alle parole dei politicanti, lui ha risposto con i fatti. Voleva un calcio più pulito e l’ha ottenuto inserendo il Var. Inizialmente in via speriementale al mondiale per club in Giappone che ho seguito e avuto modo di apprezzare. Poi con l’esordio al Mondiale di Russia 2018 dove la percentuale di errori è stata impercettibile. Ha reso felice, Infantino, il compianto Aldo Biscardi che la moviola in campo l’ha sempre voluta. Poi, gli errori umani, ci saranno sempre, ma è innegabile che la Var è stata la manna per il calcio mondiale. Ha dato visibilità ad un movimento, quello femminile, dove la Fifa ha investito per avere risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Investimenti e non sprechi, tanto per far capire che l’aria è cambiata.
Ci mette sempre la faccia, Gianni Infantino, come ha fatto in Qatar, quando ha fatto capire a Popolo e Paese, che non era aria di dire sciocchezze senza averne testato la veridicità. Come i morti per costruire gli stadi in Qatar: falso. Lo abbiamo certificato nei nostri quaranta giorni mondiali. Cifre che non corrispondono a verità, ampliate da morti sul lavoro che non hanno nulla a che vedere con le nostre morti bianche nei cantieri, dove nessuno s’indigna. Infantino ci ha messo la faccia, uno showman nella sua conferenza d’apertura, dove ha guardato in faccia tutti noi. A difesa dei popoli, della loro religioni, delle loro usanze. Perché il calcio è di tutti, e per questo Infantino sta lavorando per portarlo in ogni angolo del globo.
Dopo Russia 2018, quello in Qatar, è stato il miglior mondiale di sempre. Organizzazione perfetta, dove nulla è stato lasciato al caso. Ha avviato il progetto di un nuovo Piano di sviluppo del talento, guidato da Arsene Wegner, al fianco di tutte le federazioni membro al fine di esprimete al meglio il proprio potenziale a chiunque lo meriti. Fatti, non parole, perché Infantino e la sua squadra di professionisti, sono abituati a guardare sempre al futuro. Come la prossima Coppa del Mondo, in Stati Uniti, Canada e Messico, con il nuovo format a 48 squadre per offrire a tutti, ma proprio tutti, il sogno di calcare il campo di un mondiale. O il nuovo mondiale per club che sarà un qualcosa di fantastico. Si chiama sviluppo, parola che a Infantino non ha mai fatto difetto.
La stessa Var sarà migliorara per rendere il mondo del calcio il mondo dei giusti. In una recente intervista, disse che la “Fifa non ha solo il dovere di coinvolgere nei tornei mondiali ragazze e ragazzi, donne e uomini di tutto il mondo, ma anche di garantire che il calcio fornisca opportunità a tutti, indipendentemente dalle loro origini”. Sulle cifre investite, ma non sperperate dalla Fifa di Infantino, torneremo prossimamente per rendere più chiara l’idea della visione globale del calcio voluta dal numero uno di Zurigo. Dopo sette anni di guida, la certezza è che non poteva esserci guida migliore per il calcio mondiale. E sarà così per i prossimi quattro anni perché Infantino sarà riconfermato domani presidente a Kigali in Ruanda, non solo perché non ci sono sfidanti, ma semplicemente perché non c’è nessuno migliore di lui, al quale il calcio mondiale ha firmato un assegno in bianco, quello della trasparenza, della volontà di continuare a cambiare il calcio. Infantino rimarrà alla guida fino al 2031 e saranno altri anni di grande spessore, sacrifici e lavoro. Quello che Infantino può garantire. Non con le parole dei politicanti, ma con la forza delle idee e dei fatti che hanno fatto di Infantino, un insostituibile numero uno.