Le sliding doors tra mercato e campionato

Nella foto: Dusan Vlahovic (foto Imago/Image Sport)

di Dario Ricci *

Il calciomercato che chiude, ma resta aperto; il campionato che resta aperto, ma che sta per chiudersi. Scherzetti del calendario e inganni della prospettiva, quando il prato verde lo guardi dalla bandierina. Eppure, il derby di Milano che arriva nel cuore di un sabato metropolitano ha proprio questo retrogusto, visto che davvero potrebbe permettere all’Inter (in caso di vittoria, ma magari pure con un pari) di imprimere il proprio sigillo tricolore sul bis scudetto. 

Forse però è proprio questa la lente, il caleidoscopio più adatto attraverso cui guardare e valutare anche il mercato appena concluso: come se, calcisticamente strabici, potessimo vedere al tempo stesso all’oggi e al domani che rapidamente s’avvicina. Le grandi allora hanno messo insieme un mercato “a due tempi”, per il breve e il medio periodo: imponente – seppur non perfettamente simmetrico – quella della Juventus, col roboante arrivo di Vhahovic nel cuore dell’attacco e quello di Zakaria (dalla bontà, ci sia concesso, comunque tutta da verificare) nel cuore del centrocampo. I sacrifici fatti? Bentancur e Kulusevski volati nella Londra targata Tottenham, alla corte di Antonio Conte; sacrifici tecnici sostenibili, per quanto (poco) avevano dato i due alla causa bianconera, soprattutto in quest’annata finora deludente e contraddittoria. Senza dimenticare che il prestito di Ramsey ai Rangers Glasgow sa di finale e reciproca liberazione. Eppure il mancato arrivo di Nandez dal Cagliari toglie qualcosa all’effetto boost voluto dalla task force Agnelli-Nedved-Arrivabene-Cherubini, senza trascurare il nodo-Dybala tutto ancora da sciogliere e un Morata che tutti disegnano adesso come il “nuovo Mandzukic” (cioè pronto a lavorare da raccordo tra attacco e centrocampo sulla sinistra di un ipotetico 4-3-3 o 4-2-3-1), ma che ha di fronte la certezza pressoché totale del mancato riscatto in bianconero, e in animo l’amarezza dello sfumato passaggio al Barcellona: non sembra esattamente corrispondere, insomma, al profilo del giocatore cui chiedere di cambiare ruolo e prospettive per un progetto comune che forse già non sente più suo….

Chissà cosa avrebbe detto, di fronte a una ristrutturazione comunque così profonda, Maurizio Sarri, se tutto ciò fosse avvenuto ai tempi (non lontani, ma che pure sembrano appartenere a un ormai remoto passato calcistico) della sua esperienza sulla panchina della Vecchia Signora. La sua Lazio, tra quelle che frequentano l’alta classifica, è di certo la rosa che meno ha beneficiato di questa sessione, con tratti anche paradossali: il lungo e vano inseguimento all’atalantino Miranchuk, la tortuosa (seppur infine realizzata) cessione di Muriqi al Maiorca, l’arrivo all’ultimo minuto – per il ruolo di vice – Immobile – dallo Sporting Lisbona del portoghese Cabral, che le cronache capitoline danno già per ben poco gradito dal tecnico toscano.

Alla fine dei giochi (e del mercato, che pure non finisce appunto mai), mi sa che il Cabral buono l’ha preso la Fiorentina: visto dall’angolo, l’attacco col brasiliano arrivato dal Basilea, Piatek e Ikoné potrebbe regalare soddisfazioni a Italiano, e aiutare Firenze a dimenticare l’ennesimo sgarro (peraltro, come d’abitudine, ben retribuito) subìto dalla Vecchia Signora.

*giornalista di Radio24-IlSole24Ore   

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