L’operaio Rino porta Napoli in Paradiso

Massimo Ciccognani

La serata che non t’aspetti perché Napoli-Juve di stasera al “Maradona”, sembrava una tavola apparecchiata per il banchetto bianconero, per quella rincorsa al primato che ormai era diventato il refrain dell’essere juventino. E invece al sorgere dell’alba del giorno dell’amore, ecco Lorenzo Il Magnifico, il suo amore per la sua donna e per quella squadra e per quei colori che Insigne ha tatuato nell’anima. Poi, puoi anche contestarlo, criticarlo, fate voi, ma guai a mettere in dubbio la sua napoletanità. Ha timbrato il cartellino con il gol numero 100, senza eludere quella responsabilità che altri avrebbero volentieri allontanato, soprattutto dopo il ricordo di quella notte di Reggio Emilia che ha consegnato la Supercoppa ai bianconeri proprio dopo l’errore dal dischetto di Lorenzo. Stavolta ha fatto centro, con rabbia, con quella cazzimma tutta napoletana. Serviva, eccome. Anche per quel povero Cristo di Rino Gattuso che al fischio finale si è preso l’abbraccio dei suoi a dimostrare a popolo e paese quanto questa squadra lo ami. L’ha vinta Rino e i suoi magnifici, questa sfida che sulla carta non aveva storia. L’ha vinta Rino senza l’acume tattico di chi sa di rischiare l’ultima spiaggia. Ma che gliene frega a uno che il mondo lo ha sollevato da calciatore. E allora dentro una squadra aggressiva e sbilanciata con quattro attaccanti e Zielinski accanto all’unico interditore, Bakayoko, che ha randellato e corso per quattro. L’ha vinta Rino che rischiava tanto contro un Pirlo che era atteso alla definitiva lievitazione, ma chi non risica non rosica. La differenza tra Pirlo e Gattuso è tutta in un vestito. Da operaio, quello di Rino al quale la vita, ha regalato nulla e che tutto quello che ha avuto e vinto, lo ha ottenuto con sacrificio e sudore. Vestito diverso da quello di Andrea, giacca e cravatta grigio perla, senza essersi mai dovuto sporcare. Pirlo è stato un genio del pallone da calciatore, ma da allenatore ancora ne deve mangiare di pasta e lenticchie per arrivare. Di credito ne ha tanto, ma per vincere, serve anche coraggio. Ha un potenziale offensivo ancora inespresso. Non è il miglior attacco del campionato, quando con gli uomini a disposizione, avrebbe dovuto distruggere la stagione. Non certo il miglior viatico per chi vola alla caccia di una Champions che si vince soprattutto con i gol. Come ha fatto il Bayern lo scorso anno e come sta facendo il City in questa stagione. Stasera Pirlo si ritrova a meno sette dal Milan suonato di brutto a La Spezia, con l’Inter che però deve ancora scendere in campo, sebbene contro la splendida Lazio di Simone Inzaghi, mentre Gattuso è in scia a meno due dall’amico Andrea, dopo una stagione finora sempre in salita, complice infortuni, cobid che hanno ridimensionato il suo organico, costretto a giocare per due mesi senza attacco, con il solo Petagna a disposizione e che stasera, tra l’altro, ha dovuto inventare anche la difesa visto l’assenza dei gioielli, Manolas e Koulibaly. E mentre Pirlo è sempre difeso dalle parti di corso Scirea, alle falde del Vesuvio Gattuso, è stato messo alla gogna, hanno cominciato a far circolare voci del successore, lo hanno offeso e umiliato, tirando in ballo anche la storia della pescheria, ma l’attuale quarto posto del Napoli, è tutto nelle sue risorse, di uomo operaio, che si mette la tuta e va a lavorare in fabbrica. Solo chi non opera non sbaglia mai, e Gattuso, pur sbagliando qualcosa, merita tanto rispetto per tenere a galla un Napoli il cui ciclo è finito da un pezzo e che lui sta rigenerando come una batteria esausta che aspetta solo di essere sostituita. Io sto sempre dalla parte degli indiani. Per questo voto Gattuso.

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